Chi è e come è nato il gruppo armato Stato islamico, tristemente noto per le sue terribili violazioni dei diritti umani? Stefano Citati, giornalista de il Fatto Quotidiano, ci aiuta a capire meglio le sue origini e il suo “successo”. Donatella Rovera, ricercatrice di Amnesty International di ritorno da una missioni nell’area, ci racconta la situazione nel nord dell’Iraq, mentre Kalid Chaouki, responsabile nazionale dei Nuovi italiani per il Partito democratico, ci parla della reazione dei musulmani in Italia e in Europa di fronte a queste violenze e del pericolo della discriminazione.
In questo numero, vi proponiamo un articolo di Simone Pieranni di China Files sulle proteste di Hong Kong e il racconto di Joanne Mariner, ricercatrice di Amnesty International, della sua missione in Repubblica Centrafricana, dove le milizie anti-balaka seminano violenza e terrore tra i civili.
Parliamo poi di tortura, con un’interessante intervista a Juan Mendez, ex prigioniero di coscienza sotto la dittatura Argentina e oggi Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, e della situazione in Russia e Ucraina con una ricercatrice e una campaigner di Amnesty International.
Abbiamo inoltre intervistato il Canzoniere Grecanico Salentino, vincitore del premio Arte e diritti umani grazie alla canzone “Solo andata”, con lo splendido testo di Erri de Luca e il suggestivo video di Alessandro Gassman, e i Polar for the masses, che ci parlano del loro nuovo album e della voglia di raccontare cosa ci succede attorno!
Per celebrare i 40 anni della Sezione Italiana di Amnesty International vi raccontiamo uno dei momenti più importanti del nostro percorso, Tutti giù per terra: 5000 persone sdraiate in silenzio su via dei Fori Imperiali per chiedere la creazione della Corte penale internazionale.
Ve lo raccontiamo per non dimenticarci che il nostro lavoro, se lo facciamo insieme, se lo facciamo in tanti, ottiene risultati concreti. Che siano fatti storici come quello o la vicenda individuale di un prigioniero di coscienza liberato, questo è ciò che facciamo: cambiamo il mondo!
Non perdere le recensioni, le attività di Amnesty in Italia, le news, le buone notizie, le gallerie fotografiche, i video e gli appelli da firmare!
Buona lettura su trimestrale.amnesty.it
EDITORIALE
Cara amica, caro amico,
il mondo è alle prese con il nuovo nemico di turno: il gruppo armato fondamentalista che si autodefinisce Stato islamico. Ne abbiamo seguito, con la nostra ricercatrice Donatella Rovera, il cammino di sangue in Iraq e poi in Siria. La scorsa estate abbiamo denunciato la pulizia etnica e religiosa, i rapimenti e gli stupri, la cattura e l’esecuzione sommaria di ostaggi. Mentre è ora compito prioritario della comunità internazionale proteggere i civili che fuggono dai suoi rastrellamenti, occorrerebbe chiedersi come mai il nuovo nemico colga sempre di sorpresa, costringendo a reazioni improvvisate e di corto respiro. La risposta – o una delle risposte – è che non si presta sufficiente attenzione alle denunce delle organizzazioni per i diritti umani. Amnesty International aveva documentato i crimini dello Stato islamico (all’epoca Stato islamico dell’Iraq e del Levante) sin da quando questo gruppo si era insediato in Siria. Avevamo denunciato come nei “territori liberati” dalla repressione del presidente Bashar al-Assad si fosse insediata un’altra forma di repressione: quella del Califfato, con le sue procedure sommarie, i tagli della mano, gli obblighi di comportamento e vestiario per le donne. All’epoca il gruppo armato controllava una piccola parte della Siria. Oggi, ne controlla una parte ben maggiore e aree significative dell’Iraq. Perché le nostre denunce sono rimaste inascoltate? Forse anche perché all’epoca lo Stato islamico era parte integrante di una strategia per sconfiggere le forze governative siriane. In nome di quella strategia, si è permesso che quel gruppo crescesse. Oggi, anche chi lo ha reso forte partecipa alle operazioni militari contro le sue basi. E a trarne giovamento è il presidente Assad, contro cui lo Stato islamico è stato disinvoltamente utilizzato. A pagare questa doppiezza e l’ipocrisia della comunità internazionale sono gli oltre 10 milioni di siriani costretti a lasciare le loro case. Noi continuiamo a stare dalla loro parte, a impegnarci nella difesa dei loro diritti ma per farlo in modo sempre più efficace dobbiamo essere in tanti!
Antonio Marchesi
Presidente Amnesty International Italia