MALESIA

 

Ogni anno, il 10 ottobre, organizzazioni abolizioniste e attivisti di tutto il mondo si mobilitano per la Giornata mondiale contro la pena di morte, evento principale della Coalizione mondiale contro la pena di morte il cui scopo è far conoscere l’applicazione della pena capitale nel mondo e intraprendere azioni verso l’obiettivo finale, la sua completa abolizione.

Fondata a Roma nel maggio 2002, la Coalizione è formata da 150 organizzazioni che difendono i diritti umani, associazioni legali, sindacati e autorità locali e regionali che uniscono i propri sforzi in favore dell’abolizione della pena di morte nel mondo. Oltre ad Amnesty International fanno parte della Coalizione,tra gli altri, la Comunità di S. Egidio, la Fidh (International Federation of Human Rights), laFiacat (International Federation of Action of Christians against Torture), Forum 90 (Giappone), Mothers against Death Penalty and Torture (Uzbekistan).

LA GIORNATA MONDIALE CONTRO LA PENA DI MORTE È UN’OPPORTUNITÀ PER LE PERSONE DI TUTTO IL MONDO, SIA CHE VIVANO IN UN PAESE ABOLIZIONISTA, SIA CHE VIVANO IN UN PAESE MANTENITORE, PER RIFLETTERE SULLA PENA CAPITALE E CHIEDERNE L’ABOLIZIONE A LIVELLO MONDIALE.

Due elementi importanti della Giornata mondiale sono la formazione e la sensibilizzazione. Come i sondaggi mostrano da tempo, il sostegno alla pena di morte, in genere, è una risposta emotiva a crimini efferati. È fondamentale che anche nei paesi in cui la pena capitale è già stata abolita, si continui a spiegare come essa sia prima di tutto una violazione dei diritti umani e a sottolineare i fallimenti e le fallacie della sua applicazione.

Dal 2003, ogni anno il 10 ottobre, la Coalizione mondiale invita le ong abolizioniste, le reti, gli attivisti e le istituzioni a mobilitarsi e a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’uso della pena di morte in tutto il mondo. Le attivazioni, che iniziano il 10 ottobre, si concludono con l’evento Città per la vita, manifestazione organizzata dalla Comunità di S. Egidio e prevista per il 30 novembre, dove quasi 2.000 città nel mondo illumineranno edifici per commemorare la data della prima abolizione in Europa, avvenuta nel 1786 in Toscana.

 

LA PENA DI MORTE PER REATI LEGATI ALLA DROGA

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Quest’anno la Giornata mondiale si concentrerà sull’uso della pena di morte per reati legati alla droga. La scelta del tema di quest’anno è particolarmente strategica in quanto ci permetterà di ribadire la nostra preoccupazione sull’uso della pena di morte per reati legati alla droga in vista della Sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sul “problema mondiale della droga” nel 2016.

I reati connessi alla droga, che possono includere traffico e/o possesso di droga, sono puniti o punibili con la pena di morte in più di 30 paesi e territori. Nel rapporto “Condanne a morte ed esecuzioni nel 2014”, Amnesty International ha registrato che la pena di morte è stata utilizzata per reati legati alla droga in almeno 10 paesi: Arabia Saudita, Cina, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Iran, Malesia, Singapore, Sri Lanka, Thailandia e Vietnam.

Le esecuzioni e le condanne a morte per reati legati alla droga sono continuate in diversi paesi anche nel 2015. Le esecuzioni per questi crimini sono state portate avanti in Arabia Saudita (58 al 28 agosto 2015), in Cina (dove non rilasciamo dati ufficiali, vedi nota su rapporto), in Iran (241, da fonti ufficiali e non ufficiali, al 28 aprile 2015) e in Indonesia (14 al 26 agosto 2015). A causa del segreto di stato, non è possibile sapere se sono state eseguite condanne a morte in Malesia per tali reati. Sentenze capitali per reati legati alla droga continuano a essere imposte in Arabia Saudita, Cina, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Iran, Kuwait, Malesia, Sri Lanka e Vietnam.

Amnesty International ha documentato continue violazioni del diritto a un processo equo e del diritto a non essere sottoposti a tortura o ad altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti nei casi in cui gli imputati affrontano o hanno dovuto affrontare la pena di morte per reati legati alla droga. L’organizzazione ha inoltre evidenziato come imputati provenienti da ambienti economicamente svantaggiati sono colpiti in modo sproporzionato dalla pena di morte, anche per reati di droga.

Il Comitato sui diritti umani delle Nazioni Unite ha rilevato in numerosi commenti che i reati legati alla droga non soddisfano il criterio della “maggior parte dei reati gravi”, un principio ribadito dal Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie e dal Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

 

L’AZIONE IN MALESIA

 

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Quest’anno concentreremo le nostre forze sulla Malesia e raccoglieremo le firme in favore di Shahrul Izani cercando così di concentrare l’azione su un unico obiettivo al fine di raggiungerlo.

Il traffico di droga in Malesia è punito con la pena di morte con mandato obbligatorio ai sensi della legge sulle droghe del 1952. Le persone arrestate in possesso di una certa quantità di sostanze illecite sono ritenute automaticamente legate al traffico di droga. Le informazioni sulle esecuzioni in Malesia non sono disponibili al pubblico in quanto coperte dal segreto di stato, Amnesty International non è stata in grado di valutare se sono state eseguite condanne a morte per reati legati alla droga nel 2014. Tuttavia, l’organizzazione ha registrato che la metà delle sentenze capitali imposte negli ultimi anni riguardano condanne legate a questo tipo di reati. Amnesty International ha ricevuto informazioni attendibili sul fatto che, nel 2013, almeno una persona è stata messa a morte per traffico di droga.

Il governo della Malesia ha annunciato nel 2012 riforme legislative in materia di pena di morte con mandato obbligatorio. Mentre discussioni su tali riforme sono in corso, ci sono state, a oggi, diverse proposte di progetti di legge. In occasione della Giornata mondiale, abbiamo l’opportunità di influenzare il processo di riforma, incoraggiando le autorità a rimuovere completamente la pena di morte con mandato obbligatorio dalla legislazione nazionale.

In occasione della Giornata mondiale vogliamo presentare le nostre preoccupazioni alle autorità malesi evidenziando il caso di Shahrul Izani che, nel 2003, all’età di 19 anni, è stato trovato in possesso di 622 grammi di cannabis e successivamente condannato a morte. Attualmente sta ricorrendo in appello per ottenere un atto di clemenza.

 

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