Anche quest’anno, durante il festival, lo slogan di Amnesty International Italia sarà “Sui diritti non si torna indietro”, per ribadire la centralità dell’impegno in favore dei diritti di tutte e di tutti.
Uno slogan che parte dal 10 dicembre 1948, quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite proclamava la Dichiarazione universale dei diritti umani. Per la prima volta veniva scritto che esistono diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per la sola ragione di essere al mondo. Eppure la Dichiarazione è disattesa, anche perché ancora troppo sconosciuta. Amnesty International, Premio Nobel per la pace nel 1977 e Premio delle Nazioni Unite per i diritti umani nel 1978, è impegnata perché per tutti siano garantiti questi diritti. Si impegna, ogni giorno, per ricordare che sui diritti umani non si torna indietro.
Quest’anno Amnesty Italia sarà presente al festival con degli interventi dal palco di Francesca Corbo dell’ufficio del portavoce e nella serata finale di domenica ci sarà inoltre Emanuele Russo, presidente di Amnesty International Italia che interverrà nell’incontro delle 18.00 e sul palco per l’assegnazione ufficiale del Premio Amnesty International Italia, sezione Big a Niccolò Fabi.
Proprio Emanuele Russo afferma: “abbiamo vissuto una stagione dolorosa, di diniego del diritto alle cure mediche a migliaia di persone e a centinaia di operatori sanitari. Amnesty International ha sempre detto che da questa crisi si sarebbe usciti solo se nessuno sarebbe stato lasciato indietro, se nessuno sarebbe stato escluso. Abbiamo testimoniato e denunciato che ciò non è successo. Ora che si stanno prendendo decisioni politiche importanti sul futuro, dobbiamo vigilare perché i diritti più a rischio (quello al lavoro, quello alla privacy così come quello di manifestare pacificamente) siano garantiti e protetti. Ancora una volta dobbiamo dire a voce alta e col massimo rumore possibile che sui diritti non si torna indietro.”
E TU COSA PUOI FARE?
Amnesty International con le sue campagne mobilita milioni di persone. Grazie a questo sforzo collettivo otteniamo cambiamenti nelle vite dei singoli e di intere comunità.
Tutte le nostre azioni sono basate su fatti documentati. È per questo che i nostri ricercatori sul campo verificano e segnalano le violazioni dei diritti umani. Raccolte di firme, manifestazioni e pressioni sulle istituzioni sono gli strumenti per portare attenzione su queste violazioni e attraverso un’attività di informazione costante, sensibilizziamo l’opinione pubblica sulle nostre campagne.
FIRMA QUESTI APPELLI
IL SESSO SENZA CONSENSO È STUPRO!
La violenza sessuale è un fenomeno diffuso e sistemico in tutto il mondo. Le vittime spesso non conoscono i propri diritti e si trovano di fronte a molteplici ostacoli nell’accesso alla giustizia e ai risarcimenti, compresi stereotipi di genere dannosi, idee sbagliate su violenza sessuale, accuse di colpevolezza, dubbi sulla propria credibilità, sostegno inadeguato e legislazione inefficace. Con questa campagna, intendiamo rafforzare la consapevolezza nelle giovani generazioni sul tema dello stupro, sugli stereotipi di genere da combattere e chiarire il concetto del consenso. In Italia, in particolare, persiste il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita.
Per questi motivi chiediamo al Ministro della Giustizia la revisione dell’articolo 609-bis del codice penale, in linea con gli impegni presi nel 2013, affinché qualsiasi atto sessuale non consensuale sia punibile.
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FERMIAMO LA DETENZIONE E LA TORTURA DI RIFUGIATI E MIGRANTI IN LIBIA
Tortura, detenzione, sfruttamento e violenze sessuali rappresentano l’orrore quotidiano per tanti rifugiati e migranti in Libia. Invece che mettere fine a questi abusi, l’Europa sta aiutando la Libia a proseguire nelle violazioni. Fornendo alla Guardia costiera libica formazione e imbarcazioni per trasportare i migranti indietro nel paese, i leader europei contribuiscono a sofferenze inenarrabili. Rifiutando le persone traumatizzate ed esauste di attraccare nei loro porti, l’Europa mette a rischio la vita delle persone. Le soluzioni esistono e cambiare questo sistema non è impossibile.
Amnesty International ha chiesto ai leader europei la formulazione di un serio piano riguardante gli sbarchi, la riforma del sistema di Dublino e percorsi sicuri e legali che forniscano alternative alle persone che s’imbarcano in viaggi pericolosi. Mentre in Libia, migliaia di persone, sono attualmente arbitrariamente trattenute in condizioni terrificanti nei centri di detenzione, è necessario porre fine alla detenzione arbitraria e indagare sulle accuse di tortura e maltrattamenti, reimpostando la cooperazione con il paese in materia di migrazione e dando priorità alla protezione dei diritti umani.
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LIBERTÀ PER PATRICK ZAKI
Patrick George Zaki, attivista e ricercatore egiziano di 27 anni, si trova dal 7 febbraio 2020 in detenzione preventiva fino a data da destinarsi. Dopo estenuanti rinvii, la prima udienza del processo si è tenuta solo il 12 luglio. Nonostante gli avvocati di Patrick abbiano potuto presentare le ragioni per cui chiedono la scarcerazione, il giudice ha deciso per prolungare la detenzione preventiva di ulteriori 45 giorni. Patrick George Zaki rischia fino a 25 anni di carcere per dieci post di un account Facebook, che la sua difesa considera ‘falso’, ma che ha consentito alla magistratura egiziana di formulare pesanti accuse di “incitamento alla protesta” e “istigazione a crimini terroristici”. Nel suo paese avrebbe dovuto trascorrere solo una vacanza in compagnia dei suoi cari in una breve pausa accademica. A causa della diffusione del Covid-19 anche in Egitto per Patrick, così come per altre decine di migliaia di detenuti egiziani, le preoccupazioni legate all’emergenza sanitaria sono fortissime.
Riteniamo che Patrick George Zaki sia un prigioniero di coscienza detenuto esclusivamente per il suo lavoro in favore dei diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media.
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#VERITÀPERGIULIOREGENI
Giulio Regeni era un cittadino italiano e uno studente di dottorato presso l’Università di Cambridge, nel Regno Unito. Stava conducendo una ricerca sui sindacati indipendenti in Egitto nel periodo successivo al 2011, quando finì il governo di Hosni Mubarak.
Era al Cairo per svolgere la sua ricerca quando, il 25 gennaio 2016, il quinto anniversario della “Rivoluzione del 25 gennaio”, è scomparso. Il suo corpo, con evidenti segni di tortura, è stato ritrovato nove giorni dopo, il 3 febbraio, in un fosso ai bordi dell’autostrada Cairo-Alessandria.
Da allora è partita una grande campagna e migliaia di persone, enti, scuole, media hanno esposto striscioni con la richiesta di verità per Giulio Regeni.
Alla vigilia di ferragosto del 2017 il governo italiano ha annunciato la volontà di “normalizzazione” nei rapporti con l’Egitto e la volontà di rimandare l’ambasciatore al Cairo: l’Italia rinuncia all’unico strumento di pressione per ottenere verità nel caso di Giulio Regeni, ma la nostra battaglia continua.
L’ambasciatore Cantini si è insediato al Cairo il 14 settembre, da allora pochi sono stati i passi in avanti nella ricerca della verità. Il 4 dicembre 2018 la Procura di Roma ha iscritto cinque persone nel registro degli indagati. Il 30 aprile 2019 la Camera dei deputati ha approvato l’istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. La Commissione, che avrà gli stessi poteri della magistratura dovrà concludere entro 12 mesi la propria inchiesta, con una relazione, ma essa potrà riferire alla Camera “anche nel corso dei propri lavori, ove ne ravvisi la necessità o l’opportunità”.
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CAMBIAMENTO CLIMATICO: L’EUROPA AGISCA ORA
Il cambiamento climatico è una questione di diritti umani. Come recentemente sottolineato dal relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema, il riscaldamento globale ha un impatto, tra gli altri diritti, sul diritto alla vita, alla salute, all’alloggio, all’acqua, ai servizi igienico-sanitari. Colpisce in modo sproporzionato individui e comunità emarginate o soggette a discriminazione come donne e ragazze e comunità indigene. I giovani di oggi saranno le persone maggiormente colpite dagli impatti futuri – ma nessuno è al sicuro dai rischi associati ai cambiamenti climatici.
Al festival di quest’anno, Amnesty International sarà presente con azioni sui temi dei diritti umani e dei cambiamenti climatici riconoscendo il bisogno di svolgere azioni di sensibilizzazione con i giovani e l’importanza dal ruolo assunto da ragazzi e ragazze nel chiedere agli Stati di implementare azioni di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici e garantire l’accesso ad una giustizia climatica. Le attività educative rientrano all’interno del progetto europeo Start the Change! di cui Amnesty International è partner.
Amnesty International tramite chiede alla Commissione Europea e agli Stati di implementare misure di riduzione delle emissioni e di mitigazione dei cambiamenti climatici nonchè di garantire accesso alla giustizia climatica.