È uscito il terzo numero del 2016 di I AMNESTY, il trimestrale sui diritti umani di Amnesty International. Questo numero è dedicato alla situazione dei diritti umani in Egitto.
All’interno di I Amnesty una emozionante intervista ad Edoardo Bennato, che sarà ospite di Voci per la Libertà – Una Canzone per Amnesty domenica 17 Luglio per ritirare il Premio Amnesty International Italia vinto con il brano ‘Pronti a salpare’. In questa intervista, Bennato racconta come è nata la canzone vincitrice: “Avevo in mente la frase “pronti a salpare” molto prima di sapere che sarebbe diventata una canzone. I telegiornali mandavano in onda (come oggi) le immagini dei disperati salvati in mare. Pensai che dovevamo essere noi, cosiddetto mondo occidentale in teoria privilegiato, a essere pronti a salpare, cioè a cambiare modo di pensare, considerando che da sempre l’umanità è in cammino.” In attesa di conoscerlo domenica a Rosolina, andiamo a leggere il resto dell’intervista sul sito di Amnesty.
Tanto spazio in questo numero al nostro festival Voci per la Libertà – Una Canzone per Amnesty: oltre a questa intervista del nostro ospite Bennato, anche un’ultima di copertina interamente dedicata al concorso: siamo nelle case di ben 90.000 italiani!
Nel numero di Agosto di I Amnesty si parla della tragica morte di Giulio Regeni insieme a Riccardo Noury: purtroppo un caso isolato ma si inserisce in un contesto di repressione e di episodi ricorrenti di sparizioni e torture nel paese. Ce la raccontano la giornalista Azzurra Meringolo e Abdelrahman Gad, della Commissione egiziana per i diritti e le libertà.
Passando in America, troviamo un articolo di Massimiliano Castellani, giornalista di Avvenire, sulla situazione dei diritti umani in Brasile in vista delle prossime Olimpiadi di Rio 2016 e un racconto del ricercatore di Amnesty International sul Messico, di ritorno da una missione sul tema delle torture subita dalle donne.
In questo numero di I Amnesty si parla anche della “retorica del gender” con Chiara Lalli, bioeticista e giornalista, autrice del libro “Tutti pazzi per il gender”.
Come sempre tante notizie sulle attività di Amnesty International, a partire dal progetto “Stop bullying!”, raccontato attraverso le voci delle persone che hanno partecipato.
E ancora le news dal mondo, i rapporti pubblicati dall’organizzazione, le buone notizie, gli appelli, le recensioni, i video e le gallerie fotografiche.
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EDITORIALE
Cara amica, caro amico,
un altro 26 giugno e dunque un’altra Giornata mondiale contro la tortura sono passati senza che il parlamento abbia trovato il tempo e la voglia di introdurre norme che finalmente permettano di punire la tortura nel nostro paese. Sono passati quasi 30 anni da quando l’Italia ha ratificato la Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite, senza mai onorare compiutamente gli impegni presi. Ne sono passati circa 25 da quando il parlamento ha cominciato a discutere della definizione del reato di tortura, in modo inconcludente visto che nessuna delle decine di proposte di legge presentate ha superato il vaglio di entrambi i rami. Ed è da tempo immemorabile che il nostro paese viene rimproverato, in tutte le occasioni possibili e da tutti gli organi di controllo del sistema Onu, per tale lacuna (rimproveri a cui si sono aggiunte le condanne per mancata punizione della tortura della Corte di Strasburgo).
Nel frattempo la tortura in Italia non è stata punita: dai parà della Folgore autori dei maltrattamenti inflitti in Somalia, ai responsabili delle brutalità commesse nella scuola Diaz di Genova, fino agli agenti di polizia penitenziaria che hanno praticato la tortura nel carcere di Asti. E non sarà neppure processato, perché non può essere estradato in Argentina, il cappellano militare accusato di avere preso parte a sessioni di tortura in quel paese durante la dittatura.
Di fronte a tutto questo noi chiediamo e continueremo a chiedere che abbiano fine il “ping-pong” istituzionale tra rami del parlamento, lo scandaloso disimpegno del governo, la subordinazione delle forze politiche ai diktat di alcuni sindacati di polizia, la tendenza a introdurre emendamenti che stravolgono le definizioni proposte (come quello, recente, sul requisito della “reiterazione”). Vogliamo l’introduzione di un reato di tortura definito in modo compatibile con la Convenzione delle Nazioni, che sia punito con pene severe e che abbia un termine di prescrizione sufficientemente lungo perché la tortura venga accertata e punita.
E vogliamo che questo accada entro questa legislatura. Nulla di meno.
Presidente di Amnesty International Italia
Antonio Marchesi