Protagonista anche Voci per la Libertà con un’intervista ei Marta sui tubi e il docufilm di VXL 2013. E’ uscito il IV numero della versione online della rivista I Amnesty, dedicato a quanto sta accadendo nei paesi protagonisti della cosiddetta primavera araba. Per farlo abbiamo chiesto il contributo di importanti inviati di alcune tra le maggiori testate italiane, come Alberto Negri, del Sole 24 Ore, Neliana Tersigni di SkyTg24 e Lorenzo Trombetta, corrispondente di Ansa e Limes.
A Maurizio Molinari, corrispondente de La Stampa, abbiamo chiesto un sua analisi in merito al dibattito sulla libertà d’espressione negli Usa in seguito ai casi di Manning e Snowden. Sullo stesso argomento potrete vedere un video del ricercatore sugli Usa di Amnesty International.
Nel numero troverete un interessante contributo della nostra ricercatrice sull’Afghanistan che ci parla della condizione delle donne e il video della premiazione di Malala Yousafzai come Ambasciatrice di coscienza 2013, insieme a Harry Belafonte, con il discorso di Bono per l’occasione.
La sezione dedicata alle attività dell’organizzazione propone un’intervista all’illustratore Lorenzo Terranera che ci racconta l’esperienza del campo estivo di Amnesty International a Lampedusa e un aggiornamento sulla campagna “Ricordati che devi rispondere”.
Da non perdere l’intervista inedita a Marta sui tubi e le informazioni per prenotare il bellissimo calendario 2014 realizzato dall’organizzazione con le suggestive immagini del pluripremiato fotografo Steve McCurry.
E poi le buone notizie, tante news, gli appelli, le recensioni e tanto altro. Anche questo numero offrirà ai lettori molti contenuti aggiuntivi da esplorare, come video, audio, gallerie fotografiche, link di approfondimento e attivazioni.
Per sfogliare la rivista basta visitare il sito www.trimestrale.amnesty.it, dove oltre a scaricare il pdf con i link multimediali a seguito di una semplice iscrizione, saranno disponibili alcuni dei contenuti del numero appena pubblicato.
EDITORIALE
Cara amica, caro amico,
mentre scrivevo l’editoriale sulle oltre 100.000 vittime del conflitto interno siriano di cui parleremo in questo numero del trimestrale, a poca distanza dalla costa di Lampedusa annegavano centinaia di persone in fuga da altri conflitti. Conflitti, come quello dell’Eritrea, tra un regime dispotico e il suo popolo che cerca disperatamente di evadere da uno “stato-prigione” e trova la morte a due passi dalla libertà.
Mentre il mar Mediterraneo, il cui fondale è diventato una fossa comune, inghiottiva famiglie intere, i superstiti di un’imbarcazione andata a fuoco per attirare l’attenzione dei soccorsi venivano portati sul molo di Lampedusa, l’ingresso sud dell’Europa. “Europa” è stata forse la parola più pronunciata nelle ore successive a quella strage. Usata a proposito, per ricordare che l’Unione europea, in questi anni, ha promosso politiche e adottato prassi che hanno favorito violazioni dei diritti umani di migranti, richiedenti asilo e rifugiati. Abusata e invocata come un alibi da parte di chi non ha perso occasione per dire che “il problema è europeo”.
La realtà è che Lampedusa è tanto Europa, quanto Italia, anche se i suoi abitanti, non a torto, si sentono abbandonati dall’una e dall’altra. E all’Italia, alle istituzioni italiane abbiamo rivolto, subito dopo quelle centinaia di morti, alcune domande: dove eravate quando Amnesty International denunciava l’introduzione di leggi che violano i diritti umani di migranti, richiedenti asilo e rifugiati? Dove eravate quando chiedevamo che si desse la massima priorità ai soccorsi e all’accoglienza anziché al respingimento? Perché governi di ogni colore politico hanno promosso, approvato e poi rinnovato accordi con le autorità libiche, vecchie o nuove ma in ogni caso inaffidabili, destinati unicamente al “contrasto” dell’immigrazione?
Sono domande legittime, doverose, che meritano risposte puntuali e un’inversione di tendenza che garantisca i diritti umani a chi fugge dalla guerra e dalla persecuzione. Altrimenti, la commozione e il cordoglio per la morte di così tante persone quando la salvezza è a portata di mano suoneranno ipocrite e auto assolutorie.
Antonio Marchesi
Presidente Amnesty International Italia
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